La diagnosi di emocromatosi si sospetta sulla base dell’incremento della sideremia a digiuno, della ferritina sierica (>200 ng/mL nelle donne; >250 ng/mL negli uomini) e dell’indice di saturazione della transferrina (>45%) e/o per la presenza di eventuali manifestazioni cliniche.
L’incremento dell’indice va confermato su tre prelievi consecutivi, distanziati di 20 giorni l’uno dall’altro. Escluse altre possibili cause di emocromatosi (es. anemie ereditarie, sindrome metabolica, epatopatie alcoliche, eccessiva assunzione di ferro), deve essere eseguito lo studio genetico per l’identificazione delle mutazioni dei geni associati allo sviluppo di emocromatosi. Una volta fatta la diagnosi, si esegue la risonanza magnetica per valutare l’accumulo di ferro nel fegato, pancreas, cuore, milza e ipofisi. Altre indagini utili a valutare le condizioni del fegato sono la SQUID (superconducting quantum interference device) utile a quantificare il ferro epatico e la fibroelastografia (Fibroscan®) che permette la valutazione non invasiva della fibrosi epatica. In casi selezionati è indicata la biopsia epatica per determinare il danno epatico, a scopo prognostico.